mercoledì 25 febbraio 2009

Momento conviviale




Un sentito ringraziamento a quanti sono intervenuti alla cena sociale del 20 febbraio 2009.
E' stato davvero un bel momento conviviale, anche se non abbiamo avuto molto tempo per discutere tutti insieme del programma relativo agli impegni del prossimo futuro, in compenso molti soci hanno potuto stringere nuove amicizie. Il prossimo incontro lo pianificheremo con più tempo a disposizione e ci troveremo in un altro locale, non era prevista infatti una presenza così numerosa.
Siamo riusciti nella serata ad avere nuove adesioni al "gruppo tecnico-scientifico" composto dai soci del nostro Circolo, al momento il gruppo è così composto: 3 architetti, 2 ingegneri, 3 geologi, 2 biologi, 1 agronomo, 2 geometri e 2 periti industriali. Per la privacy non pubblico i loro nomi, ma potete inviare un e-mail a legambientefermoval@tele2.it per avere contatti diretti o per porre loro quesiti di vario genere, anche se il loro lavoro sarà di studi, analisi ed osservazioni alle situazioni ambientali di rilevanza.
La serata, la convivialità e le conversazioni ci hanno permesso però ancora una volta di capire quanta sensibilità c'è in ogni socio sui problemi che riguardano il nostro territorio, l'ambiente ed i "diritti negati" dei cittadini!
Purtroppo è così, per quanto riguarda i diritti, siamo proprio in una fase regressiva, più anni trascorrono da quando è stata scritta la nostra Carta Costituzionale e più si cerca di relegarla nell'oblio. Il nostro Circolo non può ignorare questo significativo problema che sta condizionando questo periodo storico del nostro paese, anche nei piccoli ambiti locali che dovrebbero essere i più significativi presidi di democrazia e partecipazione rileviamo le stesse problematiche che affliggono l'Italia; il nostro Circolo si farà carico anche di questo, per affermare a tutti i livelli il rispetto della Costituzione e dei suoi principi, basi fondamentali per avere una società più giusta e più rispettosa del bene collettivo.
Un sentito ringraziamento lo rivolgo anche ad Adriano Santato e agli amici del Circolo di Porto Sant'Elpidio che oltre ad onorarci della loro presenza, per venire fino ad Ortezzano hanno fatto davvero tanta strada!
Per ricordare a quanti hanno partecipato quel momento di emozioni che ci ha regalato la nostra amica, soprano giapponese Akiko Kawano, invierò per e-mail il file di un suo brano. Buon ascolto e arrivederci alla prossima occasione.
Il presidente
Gianni Conte





lunedì 23 febbraio 2009

Acqua bene comune


Anche in questo caso un interessante video su you tube che parla del nostro acquedotto: CIIP Vettore s.p.a.
Date un'occhiata a questo link:

Centrale a biomasse a Fermo


Forse non sempre si riesce a descrivere ciò che si conosce con le parole, forse a volte non si ha neppure il tempo di leggere tutto ciò che viene scritto, per questo allego un video di tre minuti che dice tutto quello che serve sapere su quello che vorrebbero fare!
Guardate il video con l'audio acceso, merita...


sabato 21 febbraio 2009

Allarme per un disegno di legge contro la natura




Ci scrive un accorato appello di aiuto la nostra amica LIPU di Fermo:


FERMIAMOLI!!!


Il Disegno di legge del senatore Franco Orsi:
una lista di orrori senza fine.
Dal Senato della Repubblica parte in questi giorni uno dei più gravi attacchi alla Natura, agli animali selvatici, ai parchi, alla nostra stessa sicurezza: un disegno di legge di totale liberalizzazione della caccia. E' firmato dal senatore Franco Orsi.
Animali usati come zimbelli, caccia nei parchi, riduzione delle aree protette, abbattimenti di orsi, lupi, cani e gatti vaganti e tante altre nefandezze.
La legge 157/1992, l’unica legge che tutela direttamente la fauna selvatica nel nostro Paese, sta per essere fatta a pezzi.

Fermiamoli!!!

Ecco la lista degli orrori.

Sparisce l’interesse della comunità nazionale e internazionale per la tutela della fauna.
L’Italia ha un patrimonio indisponibile, che è quello degli animali selvatici, alla cui tutela non è più interessato!

Scompare la definizione di specie superprotette.
Animali come il Lupo, l’Orso, le aquile, i fenicotteri, i cigni, le cicogne e tanti altri, in Italia non godranno più delle particolari protezioni previste dalla normativa comunitaria e internazionale.

Si apre la caccia lungo le rotte di migrazione.
Un fatto che arrecherà grande disturbo e incentiverà il bracconaggio, in aree molto importanti per il delicatissimo viaggio e la sosta degli uccelli migratori.

Totale liberalizzazione dei richiami vivi!
Sapete cosa sono i richiami vivi? Gli uccelli tenuti “prigionieri” in piccolissime gabbie per attirarne altri. Già oggi questa pessima pratica è consentita, seppure con limitazioni. Ma il senatore Orsi vuole liberalizzarla totalmente
Sarà possibile detenerne e utilizzarne un numero illimitato.
Spariranno gli anelli di riconoscimento per i richiami vivi. Sarà sufficiente un certificato. Uno per tutti!!!
Tutte le specie di uccelli, cacciabili o non cacciabili, potranno essere usate come richiami vivi. Anche le peppole, i fringuelli, i pettirossi…

700 mila imbalsamatori
I cacciatori diventeranno automaticamente tassidermisti, senza dover rispettare alcuna procedura. Animali uccisi e imbalsamati senza regole. Quanti bracconieri entreranno in azione per catturare illegalmente animali selvatici e imbalsamarli?

Mortificata la ricerca scientifica
L’Autorità scientifica di riferimento per lo Stato (l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, oggi ISPRA) rischia di essere completamente sostituta da istituti regionali.
Gli istituti regionali rilasceranno pareri su materie di rilevanza nazionale e comunitaria.
Potenziale impossibilità di effettuare studi, ricerche e individuazione di standard uniformi sul territorio nazionale.

Si apre la caccia nei parchi a specie non cacciabili.
Un’incredibile formulazione del Testo Orsi rende possibile la caccia in deroga (cioè la caccia alle specie non cacciabili) addirittura nei Parchi e nelle altre aree protette!

Saranno punite le regioni che proteggono oltre il 30% del territorio regionale!
Norma offensiva! Chi protegge "troppa" natura sarà punito. Come se creare parchi dove la gente e gli animali possano vivere e muoversi sereni, fosse un reato!

Licenza di caccia a 16 anni.
Invece che educare i ragazzi al rispetto, ecco a voi i fucili!

Liberalizzato lo sterminio di lupi, orsi, cervi, cani e gatti vaganti eccetera!
Un articolo incredibile, che dà ai sindaci poteri di autorizzare interventi di abbattimenti e eradicazione degli animali, in barba alle più elementari norme europee. Basterà che un singolo animale “dia fastidio”.
Un vero e proprio Far West naturalistico.

Leggi regionali per cacciare specie non cacciabili.
Non sono bastate quattro procedure di infrazione dell’Unione europea, non sono bastate due sentenze della Corte Costituzionale. Il senatore Orsi regalerà a Veneto e Lombardia, ovvero agli ultrà della caccia, la possibilità di continuare a cacciare specie non cacciabili, e di farlo con leggi regionali. E le multe europee le pagheremo noi!

Caccia con neve e ghiaccio.
Si potrà cacciare anche in presenza di neve e ghiaccio, cioè in momenti di grandi difficoltà per gli animali a reperire cibo, rifugio, calore.

Ritorno all’utilizzo degli uccelli come zimbelli!
Puro medioevo! Le civette legate per zampe e ali e utilizzate come esca!

Ridotta la vigilanza venatoria.
Le guardie ecologiche e zoofile non potranno più svolgere vigilanza! Nel Paese con il tasso di bracconaggio tra i più alti d’Europa, cosa fa il Senatore Orsi? Riduce la vigilanza!

Cancellato l’Ente Nazionale Protezione Animali dal Comitato tecnico nazionale.
Le associazioni ambientaliste presenti nel Comitato sulla 157 saranno ridotte da quattro a tre. L’ENPA, storica associazione animalista italiana, viene del tutto estromessa.
E altro, tanto altro ancora.

Fermiamoli!!!
Diffondete questo documento, iscrivetevi alle liste in difesa degli animali selvatici che stanno nascendo sui blog, su Facebook, scrivete ai parlamentari, scrivete ai senatori della Commissione Territorio e Ambiente ,
http://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=scom&leg=16&tipo=0&cod=13, partecipate alle iniziative che saranno organizzate!
Evitiamo che l’Italia precipiti in questa forma di barbarie.
La natura è la nostra vita.

Fermiamoli!!!

giovedì 19 febbraio 2009

Legambiente vuole capire cosa sta accadendo


Difendiamo il Fiume Ambro è di tutti!

L'argomento per noi resta ancora attuale, a seguito dell'articolo apparso su alcuni quotidiani, abbiamo avuto contatti con i cittadini che hanno espresso le loro preoccupazioni in merito al destino del fiume Ambro.

Presto andremo sul posto per un sopralluogo conoscitivo e per valutare la documentazione relativa al progetto.
Affronteremo la questione tenedo conto di tutti gli elementi e della relativa documetazione, partendo da valutazioni che riguardano l'aspetto energetico, il bilancio quantitativo del fabbisogno di energia elettrica anche su area vasta, la destinazione della stessa; gli aspetti idrogeologici e le conseguenze ambientali di una captazione delle acque, anche di tipo previsionale. Coglieremo l'occasione per valutare anche lo stato di salute del fiume e la sua valenza ambientale. Faremo un eventuale bilancio del "costo-beneficio" ed esamineremo tutti gli aspetti di sostenibilità del progetto. Inoltre verranno effettuate altre verifiche relative agli aspetti procedurali ed amministrativi al fine di comprendere la prevalenza della pubblica utilità del progetto proposto all'Amministrazione.

Questo, senza alcun pregiudizio, è il nostro modo di procedere.


Articolo apparso l'11 febbraio 2009 su varie testate.

La disponibilità del Circolo di Legambiente Fermo-Valdaso
Per conoscere i fatti e la relativa documentazione pubblica.

Abbiamo letto sul Corriere Adriatico del 9 febbraio 2009 che si è costituito un Comitato cittadino a difesa del fiume Ambro per scelte non condivise adottate dal Comune di Montefortino. Nello stesso articolo si chiede l'interessamento delle associazioni ambientaliste. Ebbene, il Circolo di Legambiente Fermo-Valdaso, pur non essendo localizzato nella comunità montana dei Sibillini, ritiene che l'argomento sia di interesse generale, che va quindi oltre la localizzazione geografica, pertanto fornisce la disponibilità, anche attraverso il proprio comitato tecnico, per conoscere i fatti e la relativa documentazione pubblica, al fine di contribuire ad impedire eventuali danni ambientali che potrebbero verificarsi per una scelta di rilevanza ambientale che, dalla lettura degli articoli, non risulta condivisa da una parte della cittadinanza. Con la presente (ai sensi della legge n. 349 del 08/07/1986 e della legge 241/90) chiediamo di essere contattati dal Comitato dei cittadini o dal Comune di Montefortino affinché la nostra Associazione e la stessa Legambiente Marche possano valutare serenamente l'operato in itinere che, ribadiamo, è di rilevante interesse ambientale generale.


legambientefermoval@tele2.it

mercoledì 18 febbraio 2009


Una lieta notizia:

E' nato Antonio!

Al nostro Federico, vice presidente del Circolo e caro amico, alle 11 e 40 del 16 febbraio 2009, con 3830 grammi, è nato il secondo bebè, il piccolo Antonio che farà compagnia a Ettore.
Siamo felici insieme alla mamma e al papà. Il nuovo anno ci dona questa gioia ed una nuova speranza.
Un motivo in più che si aggiunge ai tanti che ci proponiamo per regalare a questi bimbi un mondo migliore.
Auguri affettuosi ai genitori da tutto il Circolo di Legambiente.

lunedì 16 febbraio 2009

dis. di milo manara per legambiente
Urbanistica nella regione Marche. Eutanasia o esecuzione?
Autore: Brunelli Carlo
Dal nostro amico arch. Carlo Brunelli riceviamo e pubblichiamo

per saperne di più: http://eddyburg.it/article/articleview/12634/0/3/

La vergogna urbanistica in una corrispondenza per eddyburg. Cronaca di una realtà a cavallo tra malcostume e malaffare in una terra bellissima, sulla testa dei cittadini e nel silenzio complice degli esperti

Ciò che sta accadendo nella Provincia di Ancona non è che l’ultimo atto di uno stato di agonia a cui è stata ridotta la pianificazione del territorio nelle Marche. Legge dopo legge, interpretazione dopo interpretazione, abbiamo assistito in questi anni alla progressiva riduzione dell’incidenza e della “tenuta” delle determinazioni di Piano e dei vincoli posti a tutela del paesaggio.

Un duro colpo è stato sferrato nel 2000 con lo stesso Piano Territoriale di Coordinamento provinciale, figlio di una insistita discussione sulla necessità di garantire maggiore “flessibilità” allo strumento di pianificazione. L’articolazione tra norme, direttive ed indirizzi, in base alla quale è stato costruito il Piano ha portato ad un drastico spostamento delle già magre scelte di progetto verso la dimensione del “suggerimento” aprendo alla pressoché totale possibilità dell’Amministrazione locale di assumere decisioni diverse e perfino avverse a quanto suggerito dal PTC.

Fu la volta poi della modifica della legge urbanistica regionale, avvenuta con la L.R. n.19 del 2001, in base alla quale la Provincia, in sede di istruttoria dei PRG comunali, non interviene più nel merito della qualità del progetto ma “esprime un parere sulla conformità del PRG con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti”.

Verificare la conformità di un PRG rispetto ad un PTC costruito essenzialmente da direttive ed indirizzi, non aventi quindi cogenza normativa, significa poter potenzialmente approvare di tutto, salvo il poter dare maggiore o minore peso, in modo discrezionale, al contenuto della direttiva o indirizzo per contrastare scelte non gradite. Il PTC mantiene quindi la funzione di filtro politico rispetto alle proposte avanzate dai PRG comunali, salvo scaricare sugli organi tecnici la responsabilità dell’azione di controllo.

Su questa situazione di fondo si innesta poi l’uso spregiudicato dell’intesa interistituzionale e della conferenza dei servizi come momento decisorio e perfino progettuale sostitutivo rispetto sia alla competenza tecnico-disciplinare del progetto territoriale che a quella amministrativa, propria degli organi rappresentativi del popolo, come i Consigli comunali e provinciali.

Con la legge obiettivo e l’intesa Stato-Regioni nelle Marche sono state fatte scelte infrastrutturali in totale autonomia e contrasto con gli stessi piani regionali (PIT e Piano dei trasporti), al di fuori di un qualsivoglia dibattito nei consigli comunali, senza alcuna discussione democratica che abbia visto coinvolti i cittadini residenti nelle aree interessate dalle scelte infrastrutturali.

Il caso della “Quadrilatero Umbria-Marche” è soltanto la più nota di una serie di operazioni decise completamente all’interno delle stanze istituzionali ma che non per questo possono dirsi immuni da evidenti interessi di natura privata. La “Quadrilatero” è un vero e proprio atto di pianificazione territoriale, non previsto da alcun regolamento che disciplina l’attività di pianificazione, attraverso il quale vengono espropriati terreni in funzione di operazioni immobiliari la cui necessità o strategicità non è motivata da alcuna analisi di tipo urbanistico, ma soltanto dalla possibilità di ricavare risorse economiche per realizzare infrastrutture anch’esse stabilite con l’intesa Stato-Regioni, senza alcuno spazio dato allo studio di alternative possibili.

A Falconara è accaduto che qualcuno ha messo in discussione la scelta di aderire al progetto Quadrilatero. Invece dell’avvio di un dibattito nei contenuti si è assistito ad una snervante pressione da parte della Regione, operata attraverso le strutture di partito, affinché Falconara non scardinasse l’intera costruzione con una eventuale fuoriuscita dall’accordo. Alla fine si è arrivati alla spaccatura in seno alla maggioranza che governava la città ed alle dimissioni del Sindaco pur di non mettere in discussione l’operazione decisa da Stato e Regione.

Quanto accaduto a Falconara ha dato la più chiara dimostrazione, per chi ne avesse avuto bisogno, di come l’Amministrazione locale sia chiamata a sottostare passivamente agli accordi interistituzionali senza alcuna possibilità di veto o di emendamento rispetto ad una decisione presa dai vertici della politica regionale e nazionale.

D’altro canto però alle Amministrazioni locali viene assicurata la pressoché totale potestà di intervento nel proprio territorio anche in sfregio ai vincoli paesistici e senza che le procedure di valutazione ambientale possano in alcun modo recare pregiudizio a scelte già prese, limitandosi a definire semmai le modalità di mitigazione tali da renderle ambientalmente compatibili.

Questa sorta di spartizione tra Comuni e Regione, nella liceità di disporre a proprio piacimento del territorio sotto il controllo delle gerarchie politiche, è già in atto prima ancora di essere ratificata nella nuova proposta di legge urbanistica regionale.

Il caso della Variante urbanistica di Falconara, già nota come la Variante-scandalo di Montedomini, è un caso esemplare. Il Comune di Falconara, dove è presente una Raffineria e sono individuati diversi siti inquinati di interesse nazionale, è posto al centro di un’area che nel 2000 è stata dichiarata ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale e che, come tale, è soggetta ad un Piano di Risanamento, approvato nel 2004, tendente a ridurre le pressioni sull’ambiente.

Per le ingenti problematiche ambientali e sanitarie, evidenziate da un recente studio epidemiologico, la popolazione di Falconara negli ultimi anni è in costante calo, passando dai 30.000 abitanti negli anni ’90 agli attuali 27.000.

Il PRG di Falconara è stato approvato nel 2003 e fino ad oggi è stato realizzato non più del 25% della sua capacità edificatoria. Nel settembre 2007, come accennato, l’amministrazione di centro-sinistra cade sulla questione della Quadrilatero. Subentra il Commissario prefettizio che oltre a ratificare l’adesione alla Quadrilatero, assume un’iniziativa quanto meno estemporanea rispetto al suo mandato che è quello di traghettare il governo cittadino alle successive elezioni di primavera: nella volontà di chiudere il bilancio preventivo, il Commissario prefettizio adotta una variante urbanistica ad una settimana dalle elezioni comunali dell’aprile del 2008. La Variante prevede la “traslazione” della edificabilità prevista in un’area soggetta a sopravvenuto vincolo del Piano di Assetto Idrogeologico, in quanto esondabile, in un’altra area, a destinazione agricola nel vigente PRG, usufruendo di quanto previsto dalla legge 308/2004 meglio nota come Legge Matteoli.

Questa traslazione però comporta un incremento del 100% della SUL prevista dal PRG, in modo da “soddisfare” anche la proprietà ospitante. Gli abitanti teorici insediabili passano quindi da 400 a 900, tenuto conto che la variante coinvolge anche altre realtà minori in un ridisegno di una vasta area di 28 ettari, a fronte di un utilizzo di circa 4 ettari previsti dal piano vigente. Occorre poi precisare che questi 28 ettari insistono su un’area ove il PRG, adeguato al Piano Paesistico Ambientale Regionale, pone un vincolo di tutela integrale (inedificabilità) del paesaggio storico e rurale. L’area interessata infatti si estende nel basso pendio di una collina dominata dalla cinquecentesca villa di Montedomini ed a fianco di un interessantissimo complesso edilizio storico che comprende una chiesa con affreschi del ‘400. Grazie a questa “operazione” i privati garantiscono, attraverso un processo di monetizzazione preordinato, quasi 3 milioni di euro con i quali si può chiudere il bilancio preventivo 2008.

Il progetto di variante adottato viene dichiarato “non soggetto a procedura di VAS” e la popolazione di Castelferretti (frazione storica di Falconara) apprende soltanto dai giornali ed a cose fatte della scelta operata dal Commissario. Nel Giugno 2008 la nuova Amministrazione comunale di centro-destra controdeduce le osservazioni ed adotta definitivamente la Variante con una lieve diminuzione delle SUL edificabili. Tra le osservazioni, una in particolare mette in evidenza la illegittimità dell’atto, in quanto la Variante è per legge soggetta a VAS ed a VIA. Il Comune respinge l’osservazione ribadendo la non assoggettabilità.

Nel corso dell’istruttoria, la Provincia di Ancona si accorge che la Variante è in effetti soggetta a VAS ed a VIA, ma invece di restituire il Piano per la rielaborazione, avvia “a posteriori” la procedura di VAS senza alcuna forma di evidenza pubblica e posticipa la VIA alla fase attuativa della lottizzazione.

Con due diverse interrogazioni, alcuni rappresentanti politici chiedono chiarimenti in merito alla legittimità di tale procedura. La Provincia ribadisce che la procedura è conforme alla legge, mentre la Regione afferma il contrario ed invita la Provincia a ripensarci pur sottolineando che non è compito della Regione dirimere la questione, ma dell’autorità giudiziaria!

In questa situazione kafkiana, la Provincia approva l’atto con prescrizioni, imponendo al Comune una “significativa riduzione” dell’edificabilità che deve “tendere possibilmente” alle quantità stabilite dal vigente PRG. Tuttavia lascia alla discrezionalità del Comune definire la quantità della riduzione e se tale riduzione debba essere fatta in sede di approvazione della Variante o in sede di attuazione della lottizzazione! Il Comune respinge le prescrizioni chiedendo di poter posticipare le valutazioni sulla necessità di una riduzione alla fase attuativa in sede di procedura di VIA. Ora siamo tutti in trepida attesa del responso della Provincia, col sospetto che il copione di questa assurda commedia sia stato già scritto, compreso l’atto liberatorio finale.

Assistiamo quindi già a procedure che vengono stabilite a tavolino attraverso pseudo-intese interistituzionali. In altri termini, una volta che i soggetti politici che governano le istituzioni raggiungono un accordo, il problema è risolto, al di fuori ed in assenza di un qualsiasi dibattito democratico ed una qualsiasi verifica qualitativa di tipo disciplinare. Le ragioni della buona pianificazione del territorio, le ragioni dell’architettura, semplicemente non servono più. Contano soltanto le ragioni della politica [di ciò da cui la politica è stata oggi ridotta – ndr].

Questa non è, come può sembrare, una deduzione personale volutamente esasperata, rispetto alla situazione in essere. Questo è quanto stabilito nella stessa proposta di modifica della legge urbanistica regionale in merito alla possibilità di modificare ogni atto di pianificazione attraverso semplici accordi interistituzionali: “in sede di adozione dei piani gli enti interessati possono proporre espressamente modificazioni agli strumenti di pianificazione sovraordinati o sottordinati (PPAR, PIT, PTC, PRG comunali). L’atto di approvazione del piano, quando accoglie le proposte di modifica, comporta la variazione del piano sovraordinato o sottordinato, purché sulle modificazioni sia stato acquisito l’assenso dell’ente o dell’organismo competente per tale variazione”

Art. 12 (Conferenze di pianificazione).
1. Le conferenze di pianificazione sono lo strumento attraverso cui si realizza la collaborazione tra enti pubblici territoriali e altre amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti nel governo del territorio al fine di costruire un quadro conoscitivo condiviso del territorio e dei limiti e condizioni per il suo sviluppo sostenibile, nonché per esprimere valutazioni in merito agli obiettivi e alle scelte di pianificazione prospettati dall’amministrazione procedente. (…)
3. Le conferenze di tipo deliberativo possono essere convocate durante il processo di formazione dei Piani ed hanno lo scopo di concordare una decisione tra più amministrazioni pubbliche anche attraverso la sottoscrizione di un accordo di pianificazione. Alle conferenze di tipo deliberativo, oltre alle amministrazioni coinvolte o interessate dalle scelte di pianificazione, intervengono tutte le amministrazioni competenti al rilascio dei pareri, delle intese e degli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini dell’operatività del piano.
Art. 13 (Accordi territoriali)
1. I Comuni, la Provincia e la Regione possono promuovere accordi territoriali, ivi compresi gli accordi di programma di cui all’articolo 34 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), per concordare obiettivi e scelte strategiche di comune interesse. I Comuni, anche d’intesa con la Provincia e con la Comunità montana, possono altresì stipulare accordi territoriali per lo svolgimento in collaborazione di tutte o parte delle funzioni di pianificazione urbanistica, nonché per l’elaborazione in forma associata degli strumenti urbanistici e per la costituzione di un apposito ufficio di piano o di altre strutture per la sua redazione e gestione.
2. Gli accordi territoriali possono prevedere forme di compensazione territoriale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote dei proventi degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati.
3. Agli accordi territoriali si applica, per quanto non previsto dalla presente legge, la disciplina degli accordi tra amministrazioni di cui all’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241

Quindi, di fronte alla possibilità di modificare Piani attraverso intese interistituzionali è evidente il venir meno della tenuta dei piani sovraordinati rispetto a quelli sottordinati, ma anche il venir meno della tenuta dei contenuti fondanti posti dal piano strutturale, che anziché configurarsi come un importante “statuto dei luoghi” rischia di ridursi ad una paginetta di banali intenzioni politiche lasciando spazio alla enorme discrezionalità gestionale del piano operativo nelle mani dei Sindaci.

Per chi è depositario di un “sapere” urbanistico, che deriva dalla storia dell’architettura delle città, dalle riflessioni circa i modi dell’abitare, dagli studi sull’organizzazione funzionale dei territori, dal pensiero che indaga i molteplici aspetti del concetto di paesaggio, resta solo lo sconcerto. Lo sconcerto di vedere il proprio sapere violentato pubblicamente per strada. Lo sconcerto di vedere i propri “colleghi” pronti a negare che ci sia mai stato un modo di intendere il territorio che sia altro dalla logica della sparizione e dell’occupazione. Lo sconcerto di trovarsi solo, come mi sto trovando, a combattere contro la negazione della bellezza dei luoghi, contro la negazione del primato del diritto pubblico su quello privato, contro la negazione della legalità.

Certo sono a fianco di cittadini volenterosi, di comitati sorti nella passione di difendere la propria terra, ma resta il dolore profondo di vedere tutti coloro che hanno condiviso un insegnamento, gettarlo via o tenerlo nascosto come qualcosa di cui ci si debba vergognare. E accade allo stesso modo per i valori dell’onestà, dell’etica, del rispetto, della sensibilità.

Le Marche sono note nel mondo per la straordinaria armonia che emana dal suo paesaggio rurale. Questo paesaggio rischia oggi seriamente di morire nell’indifferenza, salvo imbalsamarne alcune porzioni da offrire a turisti dilettanti in fotografia. Non so dire se si tratti di eutanasia o di assassinio volontario, ma poco mi importa. Ciò che importa è la gravità della perdita. Lo so che è antipatico e disdicevole, ma non ho altra possibilità (e quindi nemmeno vergogna) che chiedere aiuto fuori dalla mia regione.

venerdì 13 febbraio 2009

Centrale a biomasse a Fermo


Progetto di riconversione industriale della ex Sadam di Fermo per la realizzazione di una Centrale a biomasse.

La riconversione industriale dell’attività della ex Sadam, coinvolge sempre di più politici, istituzioni, industriali e cittadini sempre più contrari alla scelta riguardante la realizzazione di una centrale a biomasse da 24 Mw, alimentata da oli vegetali, prevalentemente provenienti dal sud est asiatico (Borneo), al fine di produrre energia elettrica in luogo dell’attività di zuccherificio della ex Sadam di Fermo il Circolo Legambiente Fermo – Valdaso esprime la seguente pubblica posizione:
Visti i documenti preliminari presentati dalla Powercrop s.p.a. relativi alla centrale a biomasse per la Valutazione di Impatto Ambientale ed i documenti presentati dalla Ned Silicon s.p.a. per la Valutazione di Impatto Ambientale;
considerato che sin dall’origine dell’accordo firmato da Regione, Provincia e Comune di Fermo questa Associazione ha seguito attivamente anche gli avvenimenti successivi per la realizzazione del predetto accordo;
considerato inoltre che sin dalla nascita dei Comitati cittadini fermani questa Associazione di Legambiente ha partecipato alle assemblee informative e, condividendone i contenuti e le preoccupazioni, ha sostenuto e partecipato alle numerose attività civili e democratiche che si sono susseguite,
vista la documentazione definitiva per la V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) presentata dalla società PowerCrop (ex Sadam), relativa al progetto di realizzazione di una centrale a biomasse in località Ete di Fermo, oltremodo località diversa dagli accordi di riconversione, questo Circolo Legambiente Fermo-Valdaso onlus, sulla base di un approfondito esame e valutazione del progetto (per il quale presenterà le Osservazioni previste dal procedimento di V.I.A. ai sensi del D.lgs 152/2006 e della L.R. n° 7/2004), ESPRIME IL NETTO DISSENSO
alla realizzazione del progetto presentato dalla società proponente, in quanto la realizzazione di tale progetto industriale che si rivela insostenibile sia sotto il profilo economico, industriale ed energetico, determinerebbe grave ed irreversibile pregiudizio alle peculiarità di questo territorio, alla salute umana, agli aspetti generali relativi al profilo ambientale-ecologico, economico e sociale.
Il progetto inoltre risulta in conflitto con le norme, tra cui quelle urbanistiche che disciplinano la materia (N.T.A. del PRG di Fermo e N.T.A. del PTC della Provincia di Ascoli Piceno).
La realizzazione di questa Centrale a biomasse determinerebbe un significativo condizionamento negativo al futuro sviluppo sostenibile dell’area vasta interessata, oggi orientata verso un’economia eterogenea composta da agricoltura di qualità, artigianato, turismo diffuso e valorizzazione in itinere dei pregevoli beni paesaggistici, storici, architettonici, artistici e culturali del fermano.

Cementificazione e paesaggio

Da un assiduo lettore riceviamo e pubblichiamo, con l'invito a contribuire all'idea di una mostra fotografica che legga il nostro paesaggio in chiave "ironica" come ci suggerisce il nostro amico.

Gent.mo Gianni Conte, leggo sempre le news e complimenti per le molteplici iniziative.
Ho letto sul giornale della denuncia presentata da Rifondazione Comunista alla Procura della Repubblica sulle recenti 'ristrutturazioni' ipertrofiche entro la cinta urbana storica della città di Fermo, come quello di porta S.Antonio. L'altro è il palazzaccio emerso dalla demolizione dell'ex cinema Nuovo che è lievitato fuor misura. Le devastazioni urbanistiche stanno devastando il territorio. Sono vulnus che testimonieranno alle future generazioni gli appetiti e la rozza incultura di pochi a danno di tutti. La cementificazione del territorio, visibile sia nella prospiciente montagnola che a Campiglione che a Porto Sant'Elpidio, vero far West che divora campi dimore di incantevoli dimore patrizie, sta sfigurando indelebilmente il nostro paesaggio. Dov'è finito il nostro diritto al paesaggio?A sant'Elpidio a Mare prima del cimitero hanno lasciato erigere una casa al di là del muretto e storico parapetto sul panorama fermano: un pugno allo stomaco. Si potrebbe continuare all'infinito. Intanto una piccola cosa: perché non obbligare chi costruisce o ristruttura nel centro storico di usare esternamente il mattone 'cotto' secondo l'uso nelle nostre zone, come ad Assisi è obbligatorio usare la pietra di montagna? Ogni volta che guardo la chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Monturano, ad esempio ma molti monumenti consimili abbiamo, resto stupefatto della bellezza del mattone, così caldo e stuccato così bene (non col cemento!) che si integra stupendamente bene nel paesaggio urbano. Altra questione nodale che riguarda il futuro del nostro territorio. Perché si parla di 'Mare-Monti' e mai di 'metropolitana di superficie' per il servizio viario da porto sant'elpidio ad Amandola? So per esperienza che dove arriva l'asfalto, a breve si sbanca e costruisce a destra e a manca. Mi chiedo: se la nostra vocazione è la ricca storia, i manufatti (mura castellane, palazzi, musei, chiese, organi ecc.), il paesaggio, la qualità dell'aria, e tutti questi andiamo a deturpare, perché mai un turista dovrà venire da noi a vedere il degrado urbanistico che trova nelle metropoli, dove almeno qualche costruzione con architetture più moderne e gradevoli esiste? Non possiamo arrenderci, allora perché non proporre provocatoriamente ad esempio ai soci interessati e magari coinvolgendo altre associazioni ambientaliste presenti sul territorio, di fare una mostra ironica sulle 'bellezze naturalistiche del fermano' con foto digitali fatte da noi con l'occhio del visitatore e del cittadino comune, per metterle in mostra cartacea o sul web, che documentino i saccheggi? Può essere un'idea per cambiare la cultura predatoria che sta alla base di tanti deplorevoli comportamenti anti ambientali.
Grazie per l'attenzione,
Ugo Gironacci

Unione Valdaso e libertà di stampa


Signori dell'Unione Valdaso i giornalisti non sono schiavi!

E’ andato praticamente
deserto l’avviso pubblico per il conferimento dell’incarico di addetto stampa e di
redazione/direzione del periodico dell’Unione Valdaso.
Mostrando assoluto spregio della professionalità giornalistica, e totale ignoranza dei meccanismi e delle regole della professione, l’Unione Comuni Valdaso aveva infatti disposto un’umiliante gara d’asta al ribasso per un incarico solo parzialmente giornalistico (la redazione/direzione del periodico dell’Unione Valdaso, l’attività di addetto stampa dell’Unione, l’aggiornamento costante del sito internet) e per il resto di natura squisitamente editoriale (stampa e imbustamento del periodico) e pubblicitaria (obbligo contrattuale del giornalista di ricercare inserzioni i cui proventi sarebbero stati suddivisi tra amministrazione – 70% – e giornalista – 30%) secondo il previsto tariffario. Difficile inventarsi un papocchio peggiore.
Informato dall’Ordine dei giornalisti – che aveva ricevuto una segnalazione anonima della gara (non a caso mai pubblicizzata dall’ente attraverso i canali di categoria), il Sigim oggi alle 12 ha inviato formale diffida, scritta e orale, al direttore generale dell’Unione Valdaso perché non procedesse all’apertura delle buste e sospendesse l’avviso pubblico in autotutela per gli evidenti profili di illegittimità dell’avviso sia sul piano formale che dei contenuti.
Numerose le eccezioni: obbligo di laurea quando la legge istitutiva dell’Ordine non la prevede; intollerabile commistione tra informazione e pubblicità; obbligo all’osservanza – pena sanzioni – delle indicazioni fornite dall’amministrazione, osservanza non compatibile in via di principio con la pur richiamata deontologia professionale; addirittura, regime di penalità pecuniaria pari a 100,00 euro per ogni violazione contestata durante la costituzione del rapporto; ultimo, ma non meno importante, l’offensivo quantum economico della base d’asta: 15.500 euro annui omnicomprensivi per la redazione e la stampa tipografica di quattro numeri del periodico dell’Unione, più il servizio di ufficio stampa e l’aggiornamento continuativo del sito internet attraverso incontri sistematici con sindaco, assessori e dirigenti di sette Comuni. Il tutto per un guadagno stimabile – detratti ribasso d’asta, 10.000 euro per la stampa del periodico e almeno 2.000 euro di costi fissi – a non più di 3.000 euro annui.
Un trattamento da raccoglitori di pomodori in clandestinità. E’ vergognoso che i sindaci di sette Comuni della Repubblica Italiana consentano la pubblicazione di un simile avviso di gara che fa strage della professionalità giornalistica e distrugge la credibilità della pubblica amministrazione.
Le Unioni dei Comuni erano nate per condividere progetti e costi sostenibili. Assumere un addetto stampa con contratto degli enti locali costa 28.000 euro annui. E’ perciò impensabile che sette Comuni delle Marche non vogliano investire 4.000 euro annui ciascuno in attività di informazione.A onore dei giornalisti delle Marche segnaliamo che il bando è fallito. Una sola offerta – presentata dal giornalista legale rappresentante della cooperativa editoriale Mediaservice, che nei precedenti sei anni aveva fondato il giornale della Valdaso – non porterà alla costituzione del rapporto. Il collega ha infatti partecipato al solo scopo preventivo di tutelare meglio i propri legittimi interessi in ogni possibile sede e ha già comunicato al sindacato che non firmerà mai questo contratto capestro. I giornalisti delle Marche hanno così sventato questo ennesimo assalto alla dignità della professione. Ai sindaci dell’Unione Valdaso assicuriamo ampia disponibilità a valutare percorsi legittimi e credibili per le attività di informazione dell’ente o dei Comuni che lo costituiscono. Il Sigim, d’intesa con il Gus (Gruppo Uffici stampa delle Marche) e con l’Ordine dei giornalisti delle Marche (che sul suo sito ha egualmente censurato il bando), manterrà la più ampia vigilanza sul caso attraverso i propri organi e il proprio staff legale.
Con queste dure parole il sindacato dei Giornalisti e l'ordine dei Giornalisti delle Marche hanno evitato che l'Unione Comuni Valdaso compisse un attentato alla dignità dei giornalisti e alla libertà di stampa. Noi ora ci domandiamo chi ci rimborserà dei soldi pubblici sprecati per la redazione e la pubblicazione di un bando inutile?
Prendersi cura del territorio vuol dire anche questo, vigilare sull'operato dei pubblici amministratori!

venerdì 6 febbraio 2009

Le rondini e la foce del fiume Ete




Dalla nostra amica L.I.P.U. di Fermo



Ci scrive Maria Luisa Urban presidente della Lipu di Fermo a proposito dello scempio che intendono perpetrare su uno degli ambienti più sensibili: la foce del fiume.


La foce dell'Ete è molto importante per le rondini perchè quando non viene stravolta da ruspe varie è ricca di un folto canneto di Fragmites, quasi a costituire un piccolo ambiente di palude. Qui nei mesi di agosto e settembre le rondini subito dopo il tramonto si vengono a posare a centinaia sulle foglie delle canne. Qui in quel periodo ci sono nuvole di zanzare di cui si nutrono, Viene definita dagli ornitologi un area di "roosting" o dormitorio: infatti dopo aver compiuto le loro 2 o a volte 3 nidificazioni verso la fine dell'estate diventano gregarie e, preparandosi al loro viaggio, cercano di accumulare molto grasso sottocutaneo come riserva per il loro lungo volo.
Ti assicuro che è uno spettacolo sorprendente assistere alla contemporanea discesa di centinaia di rondini che tutte insieme si vengono a fermare in questo canneto, quando fino a qualche minuto prima non se ne vedeva nessuna.
Un evento simile accade alla palude di Colfiorito dove da anni la LIPU sta studiando il fenomeno con rilevamenti scientifici chiamati "campi di inanellamento".
Uno di questi campi lo stiamo organizzando a breve alla foce del Tronto nella Riserva Naturale Regionale della Sentina. Si cercano volontari per aiutare gli ornitologi e in quella occasione ti chiamerò.
Quindi dobbiamo impedire che la foce dell'Ete sia distrutta dal cemento.
Grazie per l'attenzione
Maria Luisa UrbanLIPU Fermo


Se tutti gli animali se ne andassero, l’uomo morrebbe di una grande solitudine di spirito. Poiché qualunque cosa capita agli animali, presto capita all’uomo.

giovedì 5 febbraio 2009

Centrale a biomasse a Fermo, diamo voce a una proposta


Da un lettore riceviamo una proposta interessante:


Quello che PROPONGO oggi agli amministratori politici, è di fare quello che alcuni loro colleghi in Toscana e/o in Liguria, per altro di maggioranze politiche dello stesso orientamento di quelle del nostro Parlamento Regionale, hanno fatto già quasi un anno fa, per poter fronteggiare problematiche del tutto simili a quelle che ci troviamo ad affrontare qui da noi (Centrali a biomasse a Jesi e Fermo n.d.r.).

Propongo cioè, di presentare e cercare di far votare al Consiglio Regionale, una mozione del tipo di quelle proposte in Liguria e Toscana sulle centrali a biomasse.

Allego alla presente, la documentazione che può essere utile alla comprensione ed eventuale realizzazione della mia proposta.

In particolare, in allegato potete trovare:

CASO TOSCANA
1) Regione Toscana: Moratoria Impianti ad Olio di Palma_Testo integrale della Mozione, da http://www.ecquologia.it/cms/images/stories/energia/moz447-crt27022008.pdf (file: Moratoria Toscana_Testo integrale.pdf)
2) Regione Toscana: Moratoria Olio di Palma_ Approvazione all’unanimità del 17 Marzo 2008, da www.consiglio.regione.toscana.it (file: Moratoria Olio di Palma Regione Toscana_ 17 Marzo 2008.pdf)

CASO LIGURIA
3) Regione Liguria: Solo biomasse provenienti entro 200 km, Delibera Giunta Regionale N.183 del 26/02/2008,da www.energoclub.it (file: Moratoria Biomasse filiera lunga Regione Liguria.pdf)
4) Regione Liguria: Deliberazione della Giunta Regionale N.183 del 26/02/2008. Indirizzi e criteri per la valorizzazione energetica delle biomasse. Norme Tecniche per la VIA ex l.r. N.39/98 (file: Moratoria Liguria_Testo Integrale pag.1748.pdf)

La normativa ligure è assai importante per definire parametri stringenti e vincolanti per la Valutazione di Impatto Ambientale. Fra essi, un limite alla provenienza delle biomasse(non oltre 200 KW) superato il quale diventa energeticamente, ambientalmente ed economicamente assurdo e sconveniente proporre quelle tipologie di centrali. Ma non solo. E' indicata una serie di requisiti tecnici legati alla sostenibilità, alla efficienza energetica, alla opportunità di realizzazione, al bilancio energetico complessivo. Per superare la VIA, insomma, gli impianti proposti, oltre a rispettare le normative nazionali, dovranno soddisfare tutta una serie di caratteristiche, a volte molto più stringenti di quelle nazionali, al fine di avere veramente soltanto centrali che soddisfino i reali fabbisogni dei cittadini, siano realmente operazioni produttive e non siano solo un pretesto per accaparrarsi una marea di soldi pubblici, senza lasciare niente al territorio ed alla economia locale.
La mozione TOSCANA risulta, invece, più di carattere politico in quanto la moratoria approvata deriva da una esigenza specifica. Infatti essa nasce dalla proposta di una centrale ad olio di palma, similare a quelle proposte da Sadam, fatta a Piombino e dal dibattito che tale proposta ha portato all'interno dei singoli schieramenti e dei singoli partiti. Il documento che ne deriva, votato per altro all'unanimità dal Consiglio Regionale della Toscana, risulta quindi molto completo dato che, oltre ad una moratoria sulle centrali a oli vegetali da filiera lunga, prevede:
- la promozione presso il Governo Centrale di operazioni che disincetivino l'insediamento di quelle tipologie di impianti;
- di limitare il danno che essi provocano alle foreste pluviali di Indonesia, Malesya e paesi del terzo mondo, riconoscendo quindi all'uso di oli vegetali da filiera lunga gravi conseguenze anche a livello globale (aumento effetto serra, carestia, sfruttamento delle popolazioni locali, perdita di biodiversità, ecc....)
- l'applicazione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per impianti a biomasse da filiera non corta, così come previsto dalla direttiva europea n. 42/2001/CE e come già recepito anche da altre regioni italiane.

Di fatto, la VAS proposta e resa obbligatoria in Toscana, introdurrà tutti quei requisiti tecnico-amministrativi presenti nella mozione ligure, e quindi, anche se la via seguita è, ripeto, più di carattere politico ed in alcuni punti è specifica per le centrali a olio di palma, raggiunge di fatto gli stessi risultati. Ricordo che la risoluzione votata dal Parlamento Europeo il 17 dicembre 2008, di fatto renderà fuori dalle fonti rinnovabili, e quindi non più incentivabile, l'utilizzo di biodiesel e bioliquidi (quindi anche oli vegetali) come impostati nei piani Eridania, per cui approvare tali mozioni oggi vorrebbe dire evitare che fra due anni, sempre che ex Sadam riesca nei suoi intenti, coloro che saranno occupati presso tali impianti si trovino nuovamente senza posto di lavoro.

Nulla vieta di fare una sintesi fra le due mozioni ligure e toscana e di capire, insieme ai nostri amministratori politici, quale sarebbe la strada più opportuna e proficua per raggiungere un risultato sul quale, penso che su questo non abbiamo dubbi, tutti concordiamo.

mercoledì 4 febbraio 2009

Pseudo - industriali? Come scompaiono i diritti dei cittadini


Da un socio riceviamo e pubblichiamo.
Libertà, tra i tanti significati che si possono dare ad una parola così importante per una società democratica, troviamo di sicuro la possibilità di poter esporre le proprie opinioni, soprattutto quando il fine è la tutela della propria salute.
Quando più persone sentono un problema o un bisogno comune, trovano le strade a loro possibili per esternarlo o per risolverlo. E’ quello che succede quando nascono i comitati cittadini, più persone, dieci, cento, mille, esprimono una paura comune o un obiettivo da raggiungere che permetta loro di vivere meglio.
La domanda che ci si pone allora è, perché quando avviene ciò, si viene sempre etichettati come terroristi o con aggettivi simili, che nulla hanno a che vedere con lo spirito reale di queste persone?
Un facoltoso industriale Italiano che trova difficoltà nella realizzazione dei suoi progetti, oggi scrive sulla stampa che “i comitati pseudo-ambientalisti tengono in ostaggio i comuni”.
Tempo fa sono state lanciate accuse sempre ai comitati per l’affissione di volantini ritenuti simili a quelli dei brigatisti negli anni di piombo, o ancora peggio amministratori locali (e cioè persone elette anche dagli stessi appartenenti ai comitati) hanno usato contro gli stessi elettori parole come “eversivo” o “terrorista”.
E’ mai possibile che nessuno si ponga il problema del perché questi cittadini, perdono il loro tempo ed i loro soldi per raggiungere obiettivi spesso difficili rischiando anche in prima persona?
Eppure sarebbe una domanda che chi ci amministra, o gli stessi industriali si dovrebbero porre. Perché queste persone non sono d’accordo? Si può provare a dialogare con essi?
No sarebbe troppo facile, e forse sarebbe anche troppo stupido, visto che è più semplice intervenire dove le leggi vengono fatte e non dove c’è gente che ne chiede il rispetto.
E’ così che funziona, e pertanto lo stesso industriale che accusa i comitati di tenere in ostaggio i Comuni, non si mette in gioco, non scopre le sue carte, non rivela il perché vuole portare avanti scelte non condivise da nessuno, e soprattutto non dice quanti profitti, sotto forma di finanziamenti riceverà dalle nostre tasche.
L’industriale (ma a questo punto viene da chiamarlo pseudo-industriale) fa invece una mossa assai più proficua e chiede a chi ci governa di cancellare con una semplice decisione politica, la possibilità che hanno i cittadini di continuare ad opporsi civilmente a qualcosa che non si vuole.
E’ semplice basta mettere dietro ad una qualsiasi attività probabilmente pericolosa per la salute, la frase “interesse nazionale” e con un colpo di magia, scompaiono tutti i rischi, e soprattutto scompaiono tutti i diritti dei cittadini.
Le conclusioni le possiamo trarre da soli, senza nemmeno dire quale sia l’industriale o l’attività oggetto di discussione, basti sapere che la richiesta avanzata è questa, “il governo deve riconoscere la mia attività come progetto di interesse nazionale, perché i comitati di pseudo-ambientalisti tengono in ostaggio i Comuni“.
Questa frase occupa solo due righe, ma racchiude quanto di peggio e di immorale ci possa essere per una società che noi tutti riteniamo civile.

martedì 3 febbraio 2009

A proposito di sindaci e assessori

(Da una nostra socia architetto riceviamo e volentieri pubblichiamo).

Si legge sempre più spesso di puntare sulla sensibilizzazione di bambini e giovani su argomenti riguardanti la salvaguardia dell’ambiente e la sostenibilità delle azioni dell’uomo, perché vera risorsa per il futuro.
Sicuramente meglio perseguire la formazione dei nostri giovani e del nostro futuro piuttosto che la quotidiana sterile battaglia con amministratori e politici sempre più preoccupati di riempire gli ultimi spazi vuoti, eliminando piazze e verde, con cubature abnormi di cemento per riossigenare le asfitte casse comunali e favorire
amici imprenditori e possibili elettori.
Sindaci e assessori che senza avere alcuna competenza in materia architettonica, urbanistica, ambientale sparano sentenze, pareri tecnici, rilasciano dichiarazioni in merito ad abbattimenti di edifici di memoria storica o avvallano progetti di ecomostri a ridosso di borghi medievali o sulle spiagge, considerando solo scocciature, provocazioni o altro, le legittime lamentele di chi per 365 giorni l’anno vi abita e vede sempre più degradato ed invivibile l’ambiente che lo circonda.
Se la formazione che viene fatta oggi ai nostri giovani ci darà domani un’altra umanità, fatta di interlocutori “consapevoli” che non considerano le parole ambiente, sostenibilità, tutela della salute e della vita dei cittadini solo vuoti slogan elettorali, allora vale la pena di proseguire nello sforzo che stiamo facendo.

Fermo 2 febbraio 2008

I RIPASCIMENTI DEL SUD DELLE MARCHE. SOLO SOLDI “BUTTATI A MARE”


La regione Marche sta per procedere al ripascimento di varie spiagge comprese tra Civitanova Marche e Grottammare con le sabbie provenienti dal deposito di Marina Palmense.
Legambiente si dichiara decisamente contraria con questi interventi visto che la granulometria delle sabbie utilizzate per i ripascimenti non è adatta alla granulometria delle spiagge (si faranno ripascimenti di sabbie fini su spiagge ciottolose ) oltre che essere di un colore diverso (sabbie grigie su spiagge bianche o ocra).
Questi interventi con buona probabilità sono destinati a fallire repentinamente, come è fallito il ripascimento di Marina Palmense (durato fino alla prima debole mareggiata).
Legambiente invita tutti gli operatori del luogo ad aprire gli occhi su chi sono i veri beneficiari di questi interventi che risolvono i problemi per una sola stagione accontentando gli operatori turistici solo al momento ma lasciandoli soli per gli anni futuri. Legambiente invita gli operatori turistici locali a esaminare il perché a nord di Civitanova si interviene con ghiaie su ghiaie e invece a sud con sabbie su ghiaie.
Legambiente chiede che questi interventi siano il frutto di tavoli di discussione tra i vari soggetti istituzionali preposti alla gestione della costa (Regione, Provincie e Comuni), i soggetti istituzionali competenti in tali materie e senza interessi di parte (Università, Enti di Ricerca Organi del Ministero, Associazioni per l’ambiente) e gli operatori turistici del luogo e non il frutto di pressioni di poteri economici forti che hanno il solo fine di massimizzare il profitto nel più breve tempo possibile.
Legambiente pensa che l’unico modo per arrivare ad una gestione sostenibile della costa sia quello di procedere ad interventi che prendano in esame tutto il sistema costiero e non singoli pezzi di spiagge.

Fermo 31 gennaio 2009

Un progetto faraonico alla foce dell’Ete: chi paga?


Abbiamo letto su vari giornali locali del progetto di un polo cantieristico faraonico da 40 milioni di euro da realizzare sulla destra della foce del fiume Ete.
Innanzitutto pensiamo che questi interventi pubblici così ingenti e creati dal nulla oltre che essere completamente scollegati dalle reali esigenze del territorio siano solo una forma di finanziamento pubblico di attività private che non portano ad una reale creazione di benessere diffuso ma sono delle azioni che soddisfano solo i bisogni dei pochi poteri economici forti e portano ad una distruzione dell’ambiente (consumo di suolo, distruzione del paesaggio e della fruibilità della gente del posto), ad una modifica dei processi costieri che porterà ad altre conseguenze sugli equilibri costieri e, soprattutto, ad una cementificazione di un ambiente naturale sensibile come è la foce di un fiume (che per l’appunto è vincolata dal punto di vista ambientale).
Comunque, quello che ci sorprende di più è quanto è stato scritto sul Corriere Adriatico del 19 gennaio 2009 dove l’autore dell’articolo naturalmente e candidamente scrive che “L’area prescelta è urbanisticamente soggetta a vincoli di tutela assoluta a molti livelli sia per la presenza del fiume che per quella dell’area demaniale, un limite che si proverà a superare allargando il contorno del piano del porto con la conseguente deroga dei vincoli stessi.”.
Non è indicata la fonte di queste informazioni, ma tali affermazioni sono molto gravi in quanto testimoniano una completa noncuranza del valore ambientale di certi ambienti particolarmente sensibili, una completa indifferenza ai problemi legati agli eventi che possono verificarsi in un’area di foce fluviale (esondazioni, erosioni fluviali e costiere, modifiche delle falde, ecc.). Si pensa cioè solo a come rimuovere vincoli ambientali per costruire, senza minimamente preoccuparsi del perché sono stati fissati certi vincoli. Quello che ci preoccupa di più è questa unica attenzione a costruire nuovi capannoni (perché in fondo di questo si tratta) infischiandosene completamente delle problematiche ambientali, tale atteggiamento è talmente penetrato nella società da essere scritto candidamente e naturalmente su un giornale.
Come Circolo Legambiente Fermo – Valdaso esprimiamo il nostro fermo disappunto per tale progetto, ed annunciamo che effettueremo studi e verifiche al fine di contribuire affinché gli Amministratori Pubblici possano avere elementi oggettivi per una serena valutazione di tutti gli aspetti negativi che possono scaturire dall’attuazione di questo progetto.

Fermo 30 gennaio 2009